martedì 25 aprile 2017

Sofismi pensionistici - Prima Parte

Discuto spesso della Rapina Pensionistica e incontro molte persone che cercano di negarla, ridimensionarla o giustificarla inventando i sofismi più disparati (e disperati).
In questo articolo vorrei appunto affrontare e confutare i vari "Sofismi" che riguardano la Rapina Pensionistica.
Alcuni li abbiamo già incontrati (ma sarà bene ripeterli), altri sono del tutto nuovi.
Visto che i sofismi pensionistici sono molti, dividerò questo articolo in due parti.
Anche questa prima parte potrà comunque risultare lunga e noiosa; suggerisco di leggerla con calma, un sofisma alla volta.

Ripartiamo da questo grafico, per ribadire qual è il problema fondamentale:


L'Italia ha una spesa pensionistica (% su Pil o in questo caso reddito nazionale) tra le più alte al mondo; frutto delle generose pensioni erogate in passato, ma ancora in pagamento.
A questa alta spesa corrisponde ovviamente un elevato prelievo contributivo e fiscale, che pesa sugli attuali lavoratori.
Nonostante l'attuale sacrificio richiesto a questi lavoratori/contribuenti per pagare le generose pensioni del passato, questi rischiano in futuro, anche per le riforme fatte negli ultimi decenni, di andare in pensione molto tardi, e con pensioni molto basse.
Questo il problema.

Partiamo con i sofismi che cercano di ridimensionarlo o negarlo.

Primo sofisma:

1) "La spesa pensionistica italiana è alta perché ci sono molti anziani"

Come abbiamo già visto in altra occasione, è vero che in Italia gli 'anziani' sono molto numerosi, ma il nostro non è l'unico paese ad avere problemi demografici.
Qui sotto riportiamo l'indice di dipendenza anziani (rapporto tra la popolazione over 65 e la popolazione 20-64) per i vari paesi.



Come si può vedere questo problema non riguarda solo l'Italia: Germania, Giappone, in generale molti paesi europei, hanno lo stesso problema; il Vecchio Continente, è veramente vecchio. Ma non tutti hanno una spesa pensionistica (pubblica) pari a quella italiana. Riportiamo qualche grafico già visto.






Ciò significa che, in previsione del progressivo invecchiamento della popolazione (che non è un fenomeno che si verifica dalla sera al mattino, ma che è al contrario facilmente prevedibile) questi paesi hanno saputo costruire un sistema previdenziale equilibrato, che non pesasse troppo sulle generazioni più giovani, che pagano queste pensioni.
Infatti, in un sistema a ripartizione come il nostro (identico a quello di molti paesi, per il sistema pubblico) le pensioni vengono pagate ogni anno con i contributi dei lavoratori, e dove questi contributi non bastano, attingendo alla 'fiscalità generale', ovvero alle tasse (che vengono sempre dalle tasche dei contribuenti). Sarebbe quindi un vincolo di equità, prima ancora che di sostenibilità, mantenere un certo equilibrio tra spese e contributi, cercando di contenere la spesa pensionistica.
Cosa che, evidentemente, non si è fatto in Italia.

In quest'altro articolo - quanto vale la rapina pensionistica - avevamo fatto altre stime riguardo al fattore anzianità, verificando che solo una parte delle differenze tra la nostra spesa pensionistica e quella di altri paesi, può essere imputata a questo fattore. Rimandiamo quindi a quell'articolo.

Facciamo inoltre notare che l'indice di dipendenza anziani è destinato a crescere, e non solo per l'Italia, ancora per molto tempo, e nel 2050 sarà DOPPIO rispetto a quello attuale (66 contro 33). 



Se la spesa pensionistica, quindi, dipendesse soltanto - e in maniera rigida - da questo fattore demografico, dovrebbe raddoppiare anch'essa, insieme alla quota di popolazione anziana, e arrivare forse oltre il 30% del pil. Invece tutte le stime di previsioni mostrano una crescita abbastanza contenuta e sostenibile



Ciò significa che le varie riforme fatte, in particolare la legge Dini del '95 ha raggiunto gli obiettivi che si erano dati: contenere la crescita della spesa futura. Ma non si è fatto altrettanto per contenere la spesa attuale, e quindi il livello di prelievo contributivo/fiscale necessario per pagare questa spesa. Non si poteva quindi agire anche per contenere la spesa attuale, come fatto da altri paesi?
Certamente, ma non si è fatto. Non si è voluto fare.


2) "La spesa pensionistica italiana è alta perché è basso il pil, ovvero ci sono pochi occupati e che producono 'poco'"

Anche questa è vera, ma non giustifica il mancato controllo, la mancata riduzione, della spesa pensionistica dei decenni passati; per i ragionamenti fatti sopra: spesa pensionistica e capacità contributiva, data quanti redditi vengono prodotti ogni anno devono mantenersi entro un certo equilibrio.
Per capire meglio cosa intendiamo per equilibrio, è bene vedere alcuni grafici sulle "aliquote di equilibrio" per alcune gestioni pensionistiche, attuali, passate e per il futuro (grafici di qualche tempo fa).
Le aliquote di equilibrio sono le aliquote che andrebbero applicate sulla totali dei redditi (che pagano contributi) per finanziare la spesa di una certa gestione.
Queste aliquote sono confrontate con quelle di legge.




Per il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (il fondo che gestisce la quasi totalità delle pensioni dei dipendenti privati) l'aliquota dovrebbe essere ben superiore al 45%. Per quelle degli artigiani dovrebbero essere attualmente al 30%. Poco più basse quelle dei commercianti. Ormai al 50% quelle della gestione Inpdap (statali).


3) "Sulle pensioni si pagano tantissime tasse, si dovrebbe considerare la spesa pensionistica al netto"

Sofisma molto facile da confutare, grazie ai dati Eurostat che ci forniscono la spesa sociale dei vari stati anche netta, ovvero senza le tasse pagate sulle varie prestazioni, possiamo accontentare chi richiede dati più 'corretti':



L'Italia rimane ai primi posti per spesa pensionistica. Nessuno scusa.


4) "La spesa pensionistica italiana è alta, per colpa delle numerose pensioni di invalidità"

E' vero che nel passato si è molto abusato di questo strumento, e lo provano i grafici seguenti, 

Negli anni '80 le pensioni di invalidità sono arrivate a rappresentare un terzo del numero totale di pensioni; inoltre se si guardano le pensioni Inps delle gestioni private con anno di decorrenza precedente al 1981, quelle di invalidità rappresentano quasi la metà contro il 10% delle pensioni erogate nel 2016. 




E' vero che nel primo caso si tratta di pensioni 'sopravvissute', che quindi sovrastimano la composizione di partenza, ma il dato fa ben capire gli abusi del passato.

Ma oggi la situazione è cambiata, e i problemi dell'elevata spesa pensionistica non possono di sicuro essere imputati alla spesa per pensioni di invalidità, che nei confronti internazionali, risulta addirittura più bassa di quella di molti paesi, e della media Oecd.




5) "La spesa pensionistica italiana è alta per le numerose pensioni assistenziali, bisognerebbe separare una volta per tutte la previdenza - la cui spesa è coperta da contributi - dall'assistenza che dovrebbe essere a carico della fiscalità generale".

Questo è un vecchio argomento, caro soprattutto ai sindacati, molto sfruttato per sostenere che le pensioni 'normali', quelle previdenziali, basate sui contributi versati non siano né generose né eccessive. Purtroppo non conosco dati che permettono confronti internazionali su questo punto, per verificare eventuali "anomalie". Ma faccio una considerazione:
Trasferire il finanziamento delle pensioni, siano quelle previdenziali o assistenziali, dai contributi alla fiscalità generale non può di certo risolvere il problema, perché la 'fiscalità generale' è costituita comunque dalle tasse che pagano i contribuenti. Chi utilizza questo argomento pensa, implicitamente, che attraverso la 'fiscalità generale', a pagare quelle pensioni sia sempre qualcun altro - magari i più ricchi, penseranno i sindacati, grazie alla progressività delle imposte, o forse le imprese. In realtà, è bene ricordarlo, soltanto un quinto delle entrate fiscali/contributivo della pubblica amministrazione ha carattere di progressività, sono i circa 150 miliardi di Irpef.
Scaricare sulla fiscalità generale il pagamento delle pensioni significa, quasi sicuramente, farle pagare agli stessi contribuenti di cui si vorrebbero alleggerire i contributi.
Questo "trasferimento", dai contributi alle tasse/imposte, non è poi senza effetti, anche quando ricade sullo stesso contribuente, perché il carico fiscale non è cambiato, ma i benefici pensionistici che ne deriveranno sì, saranno fortemente diminuiti, visto che le contribuzioni sono state ridotte.
Facciamo un esempio: ammettiamo che per mantenere una certa spesa pensionistica fosse necessaria una aliquota di equilibrio del 40%. Per 'alleggerire' il contribuente, ad ogni lavoratore si fa pagare invece una aliquota del 20%. Ma il rimanente 20% viene comunque pagato dallo stesso lavoratore attraverso altre tasse (sui consumi, tramite le accise, con le imposte sui redditi, etc..).
Quel lavoratore continuerà a sostenere un 'sacrificio contributivo' del 40%, ma la sua pensione, in futuro sarà calcolata soltanto sulla metà dei contributi che ha realmente versato per pagare le pensioni di altri. E quindi risulterà molto più bassa.
Questa è proprio il sistema utilizzato in Italia tramite questo trasferimento del finanziamento delle pensioni alla 'fiscalità generale': una truffa nella truffa. 


6) "Con i contributi dei pensionati paghiamo la cassa integrazione, la malattia, la maternità, e poi non ci sono soldi per le pensioni".

Anche questa è un vecchio sofisma, caro ai sindacati e ad altre componenti. Forse poteva essere un critica valida negli anni '70-'80, ma non oggi, visto che dal 1989 (anno di riforma dell'Inps) ad oggi, è avvenuto semmai il contrario.
Riguardo a questo sofisma abbiamo già parlato in questo articolo: Una rapina nella rapina. Rimandiamo a quello per maggiori approfondimenti, e ci limitiamo a ricordare i fatti essenziali.
Con la riforma del nuovo INPS (legge 88/89), in un piccolo articolo passato inosservato, si diceva:

Fondi dei lavoratori dipendenti
1. Nell'ambito del comparto riguardante la gestione dei lavoratori dipendenti,....
In tale ambito il consiglio di amministrazione può deliberare l'utilizzazione, senza corresponsione di interessi, degli eventuali avanzi di gestione.
Tramite questo articolo, la Gestione Prestazione Temporanee istituita con la riforma (che gestisce la cassa integrazione, la malattia, la maternità, etc..) ha continuato a finanziare le pensioni del FPLD con i suoi avanzi annuali: al 2008 tali prestiti (a titolo gratuito, è bene ricordarlo) ammontavano ormai a 150 miliardi.




Tutto il contrario di quanto afferma questo sofisma, quindi

7) "Ormai le pensioni sono già tutte contributive"

Questo sofisma nasce da un fraintendimento delle riforme fatte negli ultimi decenni, fraintendimento al quale hanno contribuito gli organi d'informazione.
La riforma Dini ha infatti introdotto il metodo contributivo al posto del vecchio sistema retributivo.
Con il metodo retributivo, ricordiamolo, le pensioni sono calcolate in base alle ultime retribuzioni avute dal futuro pensionato (il periodo su cui è calcolata questa ultima retribuzione è cambiato con le diverse riforme, e dipende anche dalla gestione), per accedere a questa pensione occorre aver pagato contributi per un numero minimo di anni (prima 15, poi 20) ma la quantità di contributi effettivamente versati è irrilevante nel calcolo della pensione.
Col metodo contributivo invece la pensione è calcolata in base alla quantità di contributi effettivamente versati, contributi che vengono 'capitalizzati' ogni anno attraverso un 'rendimento fittizio' pari alla media quinquennale del Pil.
La riforma Dini ha introdotto il metodo contributivo per tutti i lavoratori entrati nel mercato del lavoro dopo il 1995. Ha mantenuto il metodo retributivo, interamente, per tutti i lavoratori che a quella data avevano invece almeno 18 anni di contributi versati.
Per tutti gli altri, le pensioni saranno pagate con un metodo misto, pro rata.
Le attuali pensioni, in pagamento, sono ancora, per la quasi totalità retributive, basta osservare questo grafico che ci dà la composizione delle pensioni vigenti, per regime di pensionamento:



Si può pensare che negli ultimi anni si è esaurita la generazione che doveva andare in pensione col metodo retributivo, e ha iniziato ad andare in pensione quella 'mista': i pensionati contributivi (contributivo puro) inizieranno ad andare in pensione attorno al 2035-2040. Tale sistema sarà a regime, quindi, soltanto tra 40-50 anni.

8) "Ormai il sistema è stato messo a posto, e sostenibile"

Abbiamo già riportato quali siano le previsioni riguardo alla spesa pensionistica futura, in base alle stime effettuare dal Ministero dell'Economia e Finanze (Ragioneria Generale dello Stato).


Personalmente, ho molti dubbi riguardo alla correttezza di queste previsioni; dubbi già espressi anche in questo articolo: Equità e sostenibilità.
La questione è che il problema principale del nostro sistema pensionistico non è quello della sostenibilità, anche perché abbiamo visto come è stato risolto fino ad ora: basta alzare tasse e contributi. I problema principale è quello dell'equità.Riguardo a questo, ormai non c'è quasi più nessuno che può negare questo fatto: nemmeno quelli che avrebbero il compito di intervenire per ridurre tale iniquità, e non lo fanno.

vedi anche I Millennials e la discriminazione tra generazioni

9) "La verità è che le pensioni italiane sono molto basse, specie in confronto agli altri paesi".

Per questo sofisma, per ora, rimandiamo a questo articolo:

Italia e Germania a confronto

Va comunque detto che la generosità del sistema retributivo non consiste tanto o soltanto nell'entità degli assegni in pagamento, ma nella possibilità di andare in pensione molto presto, dopo un certo numero di anni di contribuzione (pensioni di anzianità), e senza alcuna penalizzazione (cosa che non avviene in nessun altro paese in cui è possibile anticipare il pensionamento).

Se un pensionato italiano riceve la stessa pensione di un tedesco, o di un francese, ma è andato in pensione magari a 55 anni, rispetto ai 60 anni di questi altri, avrà ricevuto questa identica pensione, per un numero maggiore di anni (+ 5), e quindi avrà comunque ricevuto una ricchezze pensionistica superiore.
A questo proposito, rimandiamo a questi grafici molto eloquenti.



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Terminiamo qui questa prima parte dedicata ai molti sofismi pensionistici, sperando di poter presto completare l'elenco.

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