martedì 3 gennaio 2017

Quante tasse paghiamo in più dal 2010, e per cosa?

In un comunicato dell' 8 dicembre scorso, Cgia di Mestre fa sapere che "l’importo aggiuntivo di tasse, imposte e tributi che gli italiani hanno versato all’erario e agli enti locali tra il 2010 e il 2015" è di 30 miliardi di euro.
"Stangata" che la Cgia indica come principale causa della mancata crescita italiana:
“Le ragioni della mancata crescita registrata in questi ultimi anni emergono in maniera molto chiara dalla lettura di questi dati. Il forte aumento delle tasse ha condizionato negativamente i consumi, soprattutto delle famiglie, e gli investimenti, soffocando i timidi segnali di ripresa che si sono affacciati in questi ultimi anni."
Ma vediamo più nel dettaglio i dati elaborati da Cgia.


Le entrate fiscali delle amministrazioni centrali sono aumentate costantemente tra il 2010 e 2015, con una variazione finale di 31,8 miliardi.


Le entrate fiscali delle amministrazioni locali sono aumentate di quasi 11 miliardi tra il 2010 e il 2012; stessa differenza al 2014; sono poi diminuite leggermente l'ultimo anno attestando la differenza finale sul 2010 a 7,8 miliardi.





Nel complesso quindi, entrate fiscali centrali e locali hanno avuto un aumento di 39,6 miliardi.
Cgia di Mestre indica invece l'aumento complessivo in 30 miliardi, perché considera l'aumento "al netto del bonus Renzi di 80 euro" (dal costo di circa 9,6 miliardi), considerando quindi quella misura come una reale riduzione di tasse.
Non condividiamo questa scelta: quel provvedimento è stato finanziato, come vedremo, con ulteriori aumenti d'imposta, non con riduzioni di spese, quindi è ha tutti gli effetti una "maggiore spesa", che è corretto includere nelle "prestazioni sociali in denaro".

Cgia, infine indica anche le variazioni riguardanti i principali tributi locali.

  


Questi i dati di Cgia, in sintesi, ma vogliamo completarli, sia per quanto riguarda le entrate, sia per le spese, ovvero, sapere a cosa sono servite queste maggiori entrate.
[Nota: Per il seguito, i dati saranno presi da Istat, Conti Economici della PA, e non combaciano perfettamente con quelli CGIA)]

Prima di tutto, occorre dire che oltre alle entrate fiscali delle amministrazioni centrali e locali, tra il 2010 e il 2015 c'è stato un aumento di circa 5 miliardi sui contributi sociali effettivi (per gli enti previdenziali).


Altri 7,9 miliardi di aumenti vengono infine da altre entrate non fiscali/contributive.
Nel complesso quindi, le entrate della PA, tra il 2010 e il 2015 sono aumentate di 51,7 miliardi, il tutto mentre il Pil nazionale passava dai 1604 miliardi del 2010 ai 1642 miliardi del 2015, con una variazione quindi di soli 38 miliardi.
Riepilogo e composizione di queste variazione si possono vedere qui sotto.




Ma da quali imposte sono arrivati questi aumenti?


25,5 miliardi provengono da imposte indirette, 15,8 da imposte dirette, 5 miliardi (come visto) dai contributi. Vi è poi da segnalare una diminuzione di 2,4 miliardi di imposte in c/c capitale.

Per quanto riguarda le variazioni delle imposte indirette...



..abbiamo 19,7 miliardi in più di IMU, e 4,8 miliardi in più di TASI, che hanno sostituito il gettito precedente dell' ICI di 9,1 miliardi, quindi con un aumento netto di 15,4 miliardi.
Secondo in ordine di grandezza troviamo poi l'aumento delle imposte per l'energia elettrica e gli oneri delle rinnovabili, che vale + 9,4 miliardi.
Dopo seguono + 3,6 miliardi dall'IVA, + 2,8 dalle imposte sugli oli minerali, +2,3 dall'imposte per il fondo per le crisi bancarie (fondo di risoluzione nazionale), +1,7 dall'imposta di bollo.
Sono invece diminuite di 3,8 miliardi l'IRAP e di 5,9 altre imposte varie (nel complesso).

Per quanto riguarda le imposte dirette...



..l'aumento totale di 15,8 miliardi proviene da 4,8 miliardi di aumento per le ritenute sugli interessi e altre redditi da capitale, 3,2 miliardi dall'addizionale regionale Irpef, 3,2 miliardi sempre dall'Irpef (nazionale), 2 miliardi dalla cedolare secca sugli affitti, 1,7 dall'imposta sulle plusvalenze, 1,5 dall'addizionale comunale Irpef; vi è poi una quota dell'IMU (considerata imposta diretta sulle aree edificabili) per 1 miliardo, che ha sostituito una quota simile dell'ICI di 600 miliardi, con una variazione netta quindi di 400 miliardi.
Altri 2 miliardi provengono da aumenti riguardanti altre imposte dirette.
Infine va segnalata una diminuzione dell'imposta sul reddito delle società (ires) per 2,8 miliardi.

Ma a cosa sono servite queste entrate in più?



Queste entrate aggiuntive si sono ripartite quasi equamente tra maggiori spese e minor indebitamento; minor indebitamento non significa che il debito pubblico sia diminuito, ovviamente, ma solo che nel 2015 una quota maggiore di interessi, quasi 27 miliardi è stata pagata con entrate, invece che con nuovo debito (maggiori emissioni).
La maggior spesa, dal 2010 e il 2015, è stata di quasi 26 miliardi.
E a cosa è servita?



Utilizziamo i dati Istat per la contabilità pubblica, che suddivide le uscite pubbliche per categorie economiche.
L'aumento più significativo è andato in prestazioni sociali in denaro, per 34,3 miliardi.
Sono diminuite le spese per il personale, per quasi 11 miliardi, e in totale i consumi finali della PA si sono ridotti di 12,2 miliardi.
Abbiamo poi un aumento di contributi alla produzione per 4,5 miliardi.
Il totale delle uscite in conto corrente ha avuto quindi una variazione di quasi 26 miliardi.
Le uscite in c/c capitale invece sono praticamente identiche, anche se al suo interno registrano una diminuzione per 9,2 miliardi degli investimenti fissi lordi, di 2,3 miliardi per i contributi agli investimenti, contro un aumento identico di 11,4 miliardi di altri trasferimenti.
Da questa analisi si può notare che l'aumento di 34,3 miliardi delle prestazioni sociali (oltre al +4,5 di contributi) è stato quindi finanziato per 26 miliardi dalle entrate aggiuntive viste prima e per 12,2 da "tagli" (ma qualcuno li chiamerebbe risparmi) dai consumi finali, principalmente dalle spese dei dipendenti pubblici.

Vogliamo capire quindi a cosa si devono questi 34,3 miliardi di aumenti per le prestazioni sociali.


Come si vede, 20,6 miliardi sono dovuti ad aumenti della spesa per pensioni, e altri 10,7 da aumenti di "altri assegni e sussidi"; in quest'ultima voce è contenuta la spesa relativa al "bonus da 80 euro" (già stimato in 9,6 miliardi da Cgia, come visto). Altri 3,7 miliardi sono infine dovuti a aumenti di spesa per indennità di disoccupazione.

Riguardo al "bonus Renzi da 80 euro" occorre sottolineare che, considerati i notevoli aumenti fiscali segnalati prima su IMU, IVA, oneri per le rinnovabili (in bolletta), e altri aumenti sulle imposte dirette e indirette, quasi sicuramente il governo si è semplicemente ripreso con la destra quello che dava con la sinistra, senza alcun reale vantaggio fiscale per i contribuenti coinvolti.

Quali funzioni di spesa sono aumentate?

Al termine di questa analisi degli aumenti per le entrate e le spese nel periodo 2010-2015 sarebbe utile poter suddividere le spese anche per categorie funzionali, non solo economiche; ma questi dati per il 2015 non sono ancora disponibili.
Utilizzeremo però quelli relativi al 2014, approssimativamente validi per delineare le tendenze (dati Oecd, suddivisione COFOG)


Tra il 2010 e il 2014 l'aumento maggiore si è avuto per la funzione relativa alla protezione sociale, per 27,3 miliardi (corrispondente all'aumento sul 2015 per la voce economica "prestazioni sociali in denaro). Altri 10,5 miliardi di aumento si sono avuti nei Servizi Generali.
Ad eccezione di un piccolo aumento per la Protezione dell'Ambiente (1,6 miliardi), tutte le altre voci si sono ridotte, con variazioni maggiori per Istruzione (-4,7 miliardi) e Sanità (-3,2 miliardi), ma anche per Difesa, Assetto del territorio, Ordine pubblico e Sicurezza, etc..

E' il caso - per concludere - di entrare nel dettaglio delle voci in aumento: protezione sociale e servizi generali.



Per i Servizi Generali, 10,5 miliardi di variazioni derivano da 6,7 miliardi di maggiori oneri per il debito pubblico (ma già tornati al livello 2010 nell'anno 2015), e da 5,7 miliardi aggiuntivi di spesa per gli organi esecutivi e legislativi: il cosiddetto "costo della politica".

Per la spesa sociale invece....



Troviamo nuovamente la variazione maggiori, di quasi 12 miliardi, per le pensioni di vecchiaia (vecchiaia, anticipate), + 2,5 per quelle ai superstiti, e +0,3 per quelle di invalidità. Con una variazione complessiva di 14,7 miliardi per le pensioni.
Altri 7,2 miliardi sono andati alle famiglie (e qui ritroviamo sicuramente la spesa per il "bonus da 80 euro", al suo primo anno di attività nel 2014), 5,6 sono per la disoccupazione.

Conclusione.

Le conclusioni da trarre sono immediate: la cosiddetta "austerità" c'è stata, sia per i forti aumenti fiscali, sia per i tagli di spesa. Ma questi tagli hanno riguardato solo alcune voci, alcune funzioni.
Aldilà dell'inutile provvedimento del bonus Renzi che si è tradotto, per i conti dei beneficiari in una "partita di giro" ( bonus = maggiori tasse, nella migliore delle ipotesi), l'unica spesa che continua ad essere intoccabile è quella pensionistica, e continua ad assorbire una quota sempre maggiore delle sempre minori risorse di chi lavora e produce.
A questa va naturalmente aggiunta una altra spesa, come visto, quella degli 'intoccabili' della politica, senza i quali la difesa della rapina pensionistica, e di molte altre rapine statali, non sarebbe mai stata possibile.