domenica 6 novembre 2016

Il furto a premio, oggi.

versione aggiornata e corretta al 7/11/2016

Dopo avere lasciato la parola all'esimio Bastiat, torniamo ai nostri giorni, e consideriamo come si è svolto il furto a premio, oggi.
Nelle precedenti lettere abbiamo analizzato la rapina pensionistica e la truffa del debito pubblico.
Per entrambe, non si è consumato un semplice furto, in cui lo stato prende a Tizio per dare a Caio, ma un furto indiretto e più 'furbo'. Lo schema è identico per tutti e due, cambia solo la forma, ma non la sostanza.
Ammettiamo che lo stato chieda a Caio del denaro (come prestito, o come contributi previdenziali), sia i prestiti che i contributi previdenziali sono per Caio del risparmio, che Caio investirebbe altrimenti in qualche modo ricevendone , in un certo tempo, un dato rendimento, ammettiamo uguale a 100.
Ma lo stato dice a Caio “dai a me questo risparmio, e invece di darti 100, ti darò 140, o 160 ...o anche 200”. Ovviamente a Caio conviene, perché ne ricaverà un premio di 40, di 60..persino di 100.
Ma come può lo stato pagare a Caio questo premio? come può pagare a Caio un rendimento, per i soldi prestati, più alto di quello che pagherebbe chiunque altro? Lo stato non produce ricchezza, può solo prenderla ad altri. E infatti il premio da dare a Caio, lo stato lo prende di nuovo a Tizio, attraverso le tasse.

Il risultato, come vedete, non è molto diverso da quello di un furto diretto: lo stato regala a Caio dei soldi, prendendoli a Tizio; ma il fatto che abbia ottenuto questo denaro per un prestito fatto allo stato, fa nascere un diritto. E come puoi toccare un diritto?
E' giusto che Caio riceva un interesse per i soldi prestati allo stato.
E' giusto che Caio riceva una pensione, per i contributi che ha versato a questo scopo.
Ma tutto dipende dall'entità, dal valore, dalla grandezza dell'interesse ricevuto, e della pensione pagata.
Non è giusto che Caio riceva interessi troppo alti, o pensioni troppo generose, che devono pagare altri.
Se accade ciò, lo stato ha già mancato al suo scopo dichiarato: fornire ai cittadini servizi al prezzo più economico. E al prezzo più economico, per chi lo deve pagare, s'intende.
Non avrebbe senso che lo stato si occupi di previdenza, se il costo di questo servizio risultasse troppo alto per i contribuenti.
Non avrebbe senso che lo stato chieda dei prestiti per finanziare qualche spesa, se gli interessi che dovrà pagare saranno troppo alti per i contribuenti.
Ma è proprio quello che è accaduto in Italia.
E perché è accaduto, l'abbiamo già spiegato: bisogna abbandonare l'inutile definizione di uno stato che si occupa del bene comune, e che agisce in vista di questo.
Lo stato è una associazione a delinquere, così va studiata e trattata. Una associazione a delinquere con ladri, truffatori, complici e mandanti.
In questo furto a premio, lo scopo dello stato era regalare soldi a qualcuno, prendendoli ad altri. Niente di diverso.

Ma proviamo a fare qualche simulazione riguardo a questo furto a premio.

Ammettiamo che un Caio qualsiasi abbia iniziato a lavorare nel 1960; ogni anno ha un certo reddito, e di questo reddito 'risparmia' ogni anno una certa quota, per esempio del 10% (circa uguale alla reale propensione media al risparmio per quegli anni, come ricavabile da diverse fonti).
Ogni anno quel risparmio darà a Caio un certo rendimento, secondo un certo tasso d'interesse.
Immaginiamo che ogni anno Caio reinvesta tutto il capitale accumulato, aggiungendoci la quota di risparmio di quell'anno, e così per molti anni, decenni; vogliamo vedere alla fine quanto capitale avrà accumulato, rivalutandolo ovviamente secondo il potere d'acquisto perso per via dell'inflazione durante quel periodo.
Poi dovremo confrontare questo capitale con quello ottenuto invece considerando un premio dato a Caio dallo stato per il suo denaro.
Ma prima dovremmo conoscere il reddito di Caio. Per questo prendiamo il reddito medio per adulto (ovvero per chi ha qualche forma di reddito, utilizzando i dati presi dal database WID).
Con questi dati, il nostro Caio aveva nel 1960 un reddito di circa 340 euro, che, a valori del 2014, sono circa 11 mila euro, nel 1970 guadagnava circa 17 mila euro (sempre a valori del 2014), nel 1980 23 mila euro. Solo per citare qualche cifra. E come detto, su questi redditi risparmia ogni anno il 10%, ovvero circa 1100 euro nel 1960 (a valori 2014), 1700 nel 1970, e così via.
Dovremmo però anche sapere quale possa essere il tasso d'interesse naturale, quello che Caio potrebbe avere senza il premio dello stato  (mi scuseranno gli economisti, il tasso d'interesse naturale definito qui non sarà forse quello trattato da loro).
Questo è ben difficile da conoscere (se qualche economista vorrà suggerircelo, in futuro potremo fare altre simulazioni), anche perché quando lo stato (o altre istituzioni con identico potere) intervengono nel campo finanziario nulla può rimanere come prima. L'intervento di un grande regolatore (che sia lo stato, o una banca centrale) può abbassare tutti tassi d'interesse così come può alzarli.
Proviamo quindi a considerare diversi tassi di interesse naturali, del 2, 3 e 4%.
Per ora studiamo il caso della truffa del debito, e come interessi considereremo quelli già visti dei titoli di stato.



Immaginiamo quindi che fino al 1980 gli interessi che pagava lo stato coincidessero con quelli del tasso d'interesse naturale, poi questo interesse cresce fino ad un 6% nel 1987, e così si mantiene abbastanza costante fino al 1994 (trascuriamo il picco del 1992), per poi diminuire e tornare naturale attorno al 2000.
Come si può vedere il periodo di questo premio non è poi molto lungo, ma vedremo che basterà.

Investendo il 10% del suo reddito annuale, al tasso del 2%, il nostro Caio otterrebbe al 2014 un capitale di circa 220 mila euro.
Se invece quel risparmio avesse ottenuto il 'premio' degli interessi più elevati dei titoli di stato, il capitale finale sarebbe di circa 310 mila, con una differenza di quasi 90mila euro, in percentuale, un premio di quasi il 40%.
Possiamo seguire meglio l'andamento di questo premio con questo grafico.



Fino al 1980, come detto, gli interessi sono identici, e quindi non c'è alcun premio; poi gli interessi statali iniziano a crescere fino al 6%. Cresce quindi il premio (ovvero la differenza di capitale ottenuto), e con esso il premio in percentuale.
Si noti che la massima percentuale si ha finché gli interessi statali sono più alti di quello che abbiamo considerato come naturale (il premio in quel momento è di circa 65mila euro, con una percentuale massima del 50%: il suo capitale ha reso il 50% in più); ma anche dopo non si annulla, perché i maggiori capitali ottenuti fino a quel momento, quel premio, continuerà a generare rendimenti anche con interessi tornati a livello naturale.

Vediamo ora lo stesso schema, con tassi naturale del 3 e del 4%.



Con un interesse naturale al 3% il premio (la differenza) si ridurrebbe a poco più di 80 mila, circa il 30% finale (55 mila all'anno 2000, fine del periodo 'a premio', con % massima del 35%).



Con un interesse naturale al 4% il premio (la differenza) si ridurrebbe a poco più di 75 mila, circa il 20% finale (45 mila all'anno 2000, fine del periodo 'a premio', con % massima del 23%).

Facciamo un'altra osservazione: ovviamente il premio percentuale non dipende dall'entità del reddito, e quindi del risparmio accantonato, un 50% di premio, resta un 50% di premio, sia che il reddito sia quello medio, sia che valga 10 volte tanto, ma il valore assoluto è diverso eccome, perché il capitale finale sarà dieci volte più grande: 80 mila euro di premio, diventeranno 800 mila euro di premio. E questo è ben differente per chi, quel premio, dovrà pagarlo.




Ora vediamo il premio nel caso della rapina pensionistica.
In questo caso, il periodo sarà ridotto a 35 anni (gli anni che erano necessari fino a poco tempo fa per accedere alla pensione), Caio inizierà a lavorare nel 1960 e andrà in pensione al 1995;
poi dobbiamo considerare un rendimento superiore a quello naturale per tutto il periodo.
Ci limiteremo al caso di un tasso complessivo reale del 7% (superiore di 4 pp rispetto ad un interesse naturale del 3%).
Considereremo inoltre una aliquota pensionistica media (la quota di reddito accantonata) del 25% su tutto il periodo (non molto lontana dalla realtà).



Con queste ipotesi il capitale finale arriverebbe a circa 580 mila euro (a valori sempre del 2014), che diviso per circa 25 anni (circa la durata media delle pensioni in pagamento negli ultimi anni) fanno circa 23mila euro, poco più dell'80% del reddito medio per l'anno finale 1995.
L'80% corrisponde al tasso di sostituzione (rapporto tra pensione e ultimo reddito) generalmente ottenuto nel sistema retributivo.
[Ovviamente le pensioni nel sistema pensionistico retributivo (il vecchio sistema) non erano calcolate con questo 'rendimento ipotetico' ma solo in base all'ultima "retribuzione" (e al numero di anni di contribuzione), ma visto che il tasso di sostituzione che otteniamo è prossimo a quello del sistema retributivo, possiamo considerare abbastanza buone le nostre ipotesi].
Il premio, con queste ipotesi, per un reddito medio, arriverebbe al 1995 a circa 280 mila euro, con un premio % prossimo al 90%.


Anche in questo caso, prendendo in considerazione un reddito molto più alto di quello medio, si otterrebbe un premio molto più alto, proporzionalmente al livello di reddito.
Un reddito dieci volte quello medio, arriverebbe ad un premio di quasi 3 milioni di euro.



Come si può vedere, quindi, sebbene le nostre siano solo ipotesi teoriche, si può vedere di quale entità possa essere il premio regalato o tramite la truffa del debito pubblico, o tramite la rapina pensionistica.
E questo premio è tutto ciò che spiega l'enorme spesa per pensioni o per interessi a carico dei contribuenti attuali.

Notare che anche per questo tipo di furto a premio, molti dicono 'basta non abusarne': "Forse si è lasciato troppo spazio alla rapina; ... Vediamo, esaminiamo, bilanciamo i conti ...." oggi è di moda questo termine: bisogna renderla "sostenibile". Il che vuol dire, "riduciamo un po' la rapina, altrimenti rischia di saltare tutto il sistema".
Ma una rapina resta una rapina, anche quando si decide di rubare un po' meno... solo per poter rubare più a lungo.

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