« "Il PIL procapite della Nuova Zelanda negli anni '50 era intorno al terzo posto al mondo, dietro Stati Uniti e Canada. Nel 1984, era precipitato al ventisettesimo posto, insieme a Portogallo e Turchia. La disoccupazione era sopra l'undici percento, si era fatto deficit per 23 anni di fila, a volte fino al 40 percento del PIL, il debito era al 65% del PIL, e il rating del debito stesso continuava ad essere abbassato. Il governo controllava interi settori dell'economia, c'era il controllo sui prezzi di una gran quantità di prodotti, le paghe erano congelate, nessuno poteva pagare o essere pagato più o meno di quanto stabilito dal governo. I sussidi all'industria sostenevano molti settori. I giovani emigravano in massa."
Vi ricorda qualcosa? Beh leggete la seconda parte perché a questo punto arriva l'uomo nero: L'AUSTERITA' (quella vera, non quella all'italiana):
"Il dipartimento dei trasporti passò da 5600 a 53 dipendenti. Il corpo forestale da 17.000 a DICIASSETTE." il ministero del lavoro, da cinquantaseimila a uno: il ministro. Ma i posti di lavoro non furono "persi". Vennero privatizzati. Abbiamo venduto Telecomunicazioni, compagnie aeree, compagnie assicurative,banche, ferrovie, hotels, compagnie navali, 35 agenzie governative vennero trasformate in aziende e fu loro detto che dovevano sopravvivere con le tariffe, sulle quali pagano tasse, senza alcun sostegno governativo. Costavano un miliardo l'anno, ora producono un miliardo l'anno in tasse sugli utili. I sostegni all'agricoltura sono stati aboliti.L'aliquota massima è passata dal 66 al 33 percento. La più bassa dal 38 al 19 percento. Si è introdotta una tassa di consumo del 10 percento e sono state abolite TUTTE le altre tasse: proprietà, licenze, capital gain, ecc.
Avevamo progettato il sistema affinché producesse gli stessi introiti di prima. Ci ritrovammo col 20 percento di surplus. Non avevamo tenuto conto della forte riduzione dell'evasione che ci sarebbe stata."
Oggi l'indice di libertà economica che negli anni '80 era sui livelli che oggi hanno Ucraina e Pakistan è diventato stabilmente il terzo al mondo, dietro solo ad Hong Kong e Singapore.
Oggi i giovani italiani emigrano in nuova Zelanda.
Non cambiate gli occhiali, è la realtà che è sbagliata.” »
La tesi è molto semplice e suggestiva: la Nuova Zelanda, tra gli anni ‘70 e gli anni’80, era in preda ad uno statalismo sfrenato (alta spesa pubblica, alto debito), come l’Italia - si lascia intuire -, e la sua economia si era fermata, come in Italia, oggi. Poi ha invertito la rotta, tornando ad una politica “liberale” e all'economia di mercato: tagliando spesa pubblica e debito, ed è tornata a crescere.
Quindi l’Italia dovrebbe seguire la stessa ricetta, per tornare a crescere.
Questa è più o meno la "ricetta liberale" che si legge un po' ovunque.
Ma perché non si fa, se è così semplice tornare a crescere?
Può aiutarci proprio il confronto tra Nuova Zelanda e Italia; suggestivo, anche solo per il fatto che la Nuova Zelanda si trova proprio “dall'altra parte del mondo”, rispetto all'Italia.
Vediamo quindi di approfondirlo.
Quello che vediamo qui sotto è l’andamento del Pil pro capite (a valori costanti e a parità di potere di acquisto) per Italia (IT) e Nuova Zelanda (NZ).
Nel grafico si nota anche il declino del pil pro capite italiano negli ultimi anni, ormai sceso al livello di quello neozelandese, sempre in crescita.
Sempre dallo stesso grafico, verrebbe però naturale la prima obiezione alla analisi e alla ricetta “liberale” dei problemi di Nuova Zelanda e Italia: l’Italia non ha certamente intrapreso una strada iperstatalista solo negli ultimi anni; aveva già iniziato negli anni '60 (ma forse fin dagli inizi della Repubblica). Eppure il pil pro capite italiano ha continuato a crescere, a ritmi elevati, almeno fino alla fine degli anni ‘90; è solo con l'ingresso nell'Euro che la nostra crescita ha iniziato a rallentare, per poi crollare con la crisi del 2008.
A questo punto quindi qualche “socialista” italiano, un po' "sovranista", potrebbe anche dire: “Ecco, vedete! La nostra "ricetta socialista" funzionava a meraviglia: ha creato benessere e ricchezza. Il problema è che non ce la fanno più usare”.
E la difesa del socialista sovranista, vista così, non è senza ragioni.
Ma per capire meglio dove sta la verità, proseguiamo con il confronto Italia/Nuova Zelanda.
La spesa pubblica italiana e neozelandese hanno avuto andamenti molto simili, ma quella italiana è sempre stata molto più elevata.
La spesa pubblica è cresciuta per entrambe tra gli anni ‘70 e ‘80, arrivando ad un massimo di quasi 48% per NZ nel 1991, e di quasi 58% per Italia nel 1993. Poi per entrambe è scesa, ma ad un ritmo più lento in Italia, toccando un minimo di 45,5% nel 2000, per poi tornare a crescere. Per NZ il minimo è stato raggiunto nel 2004 a 32,6%. Poi anche lì è tornata a crescere rapidamente, per scendere di nuovo dopo il 2008.
Per quanto riguarda le entrate, in Italia sono cresciute fino al massimo del 1993, quasi 48%. Per poi scendere fino al 2005 (minimo di 43%). Sono poi tornate a crescere fino al 48% più recente.
In NZ, raggiunto il massimo del 42% nel 1990, sono scese fin quasi al 34% nel 1999. Poi sono tornate a crescere fino al 2005, per poi scendere di nuovo. Recentemente si sono attestate al 34%, 14 pp sotto quelle italiane.
Il debito pubblico (sul Pil) in NZ era poco oltre il 60% a metà anni ‘80. Poi è sceso costantemente fino al minimo del 2007, al 15%. E’ tornato a crescere solo con la crisi mondiale, fino al 30%.
In Italia il debito pubblico, già molto elevato all'inizio della serie, ha continuato a crescere per tutti gli anni ‘80 e fino a metà anni ‘90. Fino ad un massimo del 120%. Poi è diminuito, ma molto lentamente, scendendo sotto il 100% nel 2007. Poi è tornato a crescere (anche per la diminuzione del Pil).
Cosa ha impedito all'Italia di seguire un cammino "virtuoso" come quello neozelandese?
Come abbiamo visto, il livello di spesa in Italia era già molto elevato, e anche se diminuito, è rimasto tale. Deve esserci stata quindi qualche “componente incomprimibile”.
Utilizzando varie fonti (anche se forse gli aggregati non sono sempre perfettamente sovrapponibili), facciamo un confronto più dettagliato per le varie componenti della spesa pubblica italiana e neozelandese:
La spesa per consumi finali ha avuto andamenti e livelli piuttosto simili in Italia e Nuova Zelanda.
Stessa cosa per la spesa per dipendenti (quella italiana era superiore di 2 pp prima e ora è più alta di poco più di mezzo pp).
Anche la spesa per sanità non presenta grosse differenze: è cresciuta per entrambe dalla metà degli anni '90. E quella italiana è sempre stata più alta entro un punto percentuale.
Per quanto riguarda la spesa per istruzione, quella italiana, in calo da diverso tempo, è ormai più bassa di quella di NZ (circa 1,5 pp in meno).
Molto più elevata invece la spesa per interessi: a metà anni '90 quella italiana era superiore di circa 7 pp, e anche se diminuita successivamente è sempre rimasta ben al di sopra di quella neozelandese; attualmente è di circa 3 pp più alta.
Enorme la differenza nella spesa sociale, cresciuta di poco in NZ, esplosa invece in Italia, con una differenza attuale di 10 pp.
Tale differenza è dovuta principalmente al diverso andamento della spesa per pensioni.
Perché l’Italia non ha potuto seguire la "via virtuosa" della Nuova Zelanda?
Per due componenti fuori controllo: interessi e spesa pensionistica.
Nonostante gli avanzi primari accumulati dai primi anni ‘90, gli interessi pagati ogni anno erano troppo elevati per permetterci di ridurre progressivamente il debito come avvenuto in NZ. Ci si è accontentati di pagare, con quegli avanzi, parte degli interessi, ma facendo crescere continuamente il debito.
E se non si è potuto destinare maggiori risorse (fiscali) alla riduzione del debito, è perché non si è avuta la capacità - e volontà - politica di ridurre la spesa pensionistica.
Ancora una volta si conferma quanto già analizzato e detto molte volte: qui, qui e qui, ad esempio.
I problemi dell’Italia - se proprio si vogliono ricercare nella spesa pubblica - nascono nelle rapine di stato che hanno regalato miliardi a due tipologie di beneficiari: i possessori di debito pubblico e i pensionati retributivi.
Il “socialismo” italiano, quindi, ha sicuramente regalato benessere e ricchezza, ma soltanto a qualcuno; ma con quali conseguenze? Le abbiamo sotto gli occhi, ormai da quasi 10 anni.
Riguardo ai beneficiari, ... e a chi invece ne è stato danneggiato, potrebbero bastare queste immagini:
Il “socialismo” italiano, è stato un socialismo che ha arricchito le generazioni più anziane (lasciando ai più giovani solo debiti e tasse da pagare), e all'interno di queste, sicuramente, i (già) più ricchi.
Per usare un termine caro ai "liberali", è stato un socialismo.. straborghese.
La ricetta "liberale" potrebbe anche essere una ricetta valida, ma dovrebbe essere provata integralmente, partendo dalla riduzione delle pensioni.
Il problema è che in questa versione integrale non la vuole adottare nessuno.
Tanto meno i liberali.
Riuscite ad indovinarne il motivo?
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